Scuola Shiatsu IRTE

I “fiori dell’inverno”: non solo una favola orientale – di Alessandra Borelli

Così come l’acqua continua a scorrere sotto l’acqua ghiacciata, i semi nel profondo della terra stanno incessantemente lavorando e raccogliendo dentro di sé il potenziale che li condurrà a vincere la resistenza del suolo nella primavera che verrà…

È l’inverno degli elementi, che noi umani snobbiamo da oltre un secolo, forti della luce elettrica che ci permette di vivere gran parte del nostro tempo dopo il tramonto e lavorare senza tregua nei mesi più bui dell’anno, per giungere sfiniti a ingurgitare ricostituenti in vista della primavera!

Il “nostro” inverno meteorologico si è inaugurato il 1 dicembre scorso, mentre l’inverno astronomico ha avuto inizio alle 22,22 del 21 dicembre 2018 e si protrarrà fino alle 21,58 del 20 marzo 2019, secondo la suddivisione dell’anno propria del calendario gregoriano (che sfrutta 365 giorni e 6 ore per completare la sua orbita attorno al sole).

Per noi occidentali è un periodo spesso percepito come statico, meno attivo, proprio perché il clima freddo e le giornate più corte ci inducono a rinchiuderci nelle nostre case riscaldate, aspettando tempi migliori per rimettere fuori il naso (fatta eccezione per chi vive questo momento dell’anno come fonte di maggiore energia/attività).

Nel cuore di questa stagione buia ha luogo la più grande celebrazione religiosa del mondo cristiano e cattolico: il Natale, da sempre festa della luce. Le luminarie che accendono il buio alle nostre latitudini stanno a celebrare proprio questo ritorno della luce, traendo origine dalla celebrazione pagana del Sole Invitto, cioè il solstizio d’inverno che segna il lento, impercettibile ma inesorabile aumento delle ore soleggiate nell’arco del giorno.

Nella cultura orientale questo periodo viene infatti vissuto come una grande premessa alla vita che tornerà a sbocciare e il solstizio d’Inverno è una festa tradizionale “vecchia” di 2700 anni, che in lingua cinese si legge “dong zhi”, cioè “punto di arrivo ed estremità”. Sta a significare la posizione della terra nella sua orbita attorno al sole: rappresenta cioè il giorno più breve dell’anno, dopo il quale il sole inizierà a tramontare sempre più tardi.

Secondo i testi antichi nel giorno del dong zhi l’imperatore e la sua corte consultavano astronomi e oracoli, esperti nello studio del calendario, mentre nel Tempio del Cielo di Pechino si svolgevano sacrifici in onore del Cielo. Contemporaneamente venivano inaugurati 5 giorni di festeggiamenti a suon di musica, che dalla corte imperiale si diffondevano nelle case del popolo, impegnato a sua volta a celebrare in vari modi questo evento legato alla rinascita futura.

Infatti la gente comune era solita festeggiare l’inverno svegliandosi all’alba e abbigliandosi con ricercatezza per uscire di casa e andare a porgere gli auguri ad amici, parenti e conoscenti, spesso suonando strumenti musicali. Il popolo cinese in realtà denominava questa ricorrenza col nome di jiao jiu, che significa all’incirca “iniziare a contare i nove”.
Vale a dire che la stagione invernale veniva suddivisa in 9 periodi di 9 giorni cadauno, per una durata totale della stagione di 81 giorni. L’anno solare cinese prevede infatti la divisione in 24 punti del calendario lunare, il che fa sì che nel complesso l’anno risulti di 324 giorni. I rimanenti 41 giorni venivano aggiunti a cadenza di 12 anni, originando un anno “bis” con 13 mesi.

I primi nove giorni sono chiamati “primo nove”, quindi il giorno del solstizio d’inverno è il primo giorno del “primo nove”. I secondi nove giorni sono chiamati “secondo nove”. Per analogia, esistono in totale 9 “nove”, e dopo 81 giorni “sbocciano i fiori di pesco” e il clima comincia a intiepidirsi. Complicato? Un pochino… ma comunque molto affascinante e sempre profondamente connesso all’osservazione dei ritmi della natura.

Infatti a livello popolare è diffuso un canto folcloristico che descrive nelle sue strofe le leggi del cambiamento del clima a partire dal solstizio d’inverno: “Nel primo e secondo nove non si estraggono le mani dalle maniche; nel terzo e quarto gatti e cani gelano di freddo; nel quinto e sesto i salici cominciano a germinare; nel settimo il ghiaccio del fiume comincia a fondere; nell’ ottavo le oche selvatiche fanno ritorno; nel nono il freddo ha fine, arriva la primavera e i fiori sbocciano.”

Anche l’arte tradizionale e popolare prevedeva l’uso di dipingere “I nove nove che scacciano il freddo” sempre iniziando dal giorno del solstizio d’inverno. Si disegnava un fiore di susino bianco, non colorato, con 81 petali che rappresentavano gli 81 giorni dal solstizio d’inverno. A partire dal giorno del solstizio, si colorava ogni giorno un petalo, fino a che tutti risultassero colorati, segno dell’arrivo della primavera. Alcuni artisti coloravano i petali con un’attenzione speciale, ossia in caso di tempo nuvoloso coloravano la parte superiore, di sereno la parte inferiore, di vento la sinistra, di pioggia la destra e di neve la parte centrale. Così col passare degli 81 giorni il dipinto diventava un’interessante tavola riassuntiva meteorologica.

Attualmente secondo il calendario cinese siamo ancora nell’anno del Cane, iniziato il 16 febbraio 2018, che terminerà il 5 febbraio 2019, data del capodanno cinese, che ci farà entrare nel 4716 (cioè il nostro 2019), anno del Cinghiale (o del Maiale).

E allora… Buon 4716 a tutti!!!

Alessandra Borelli è dietista, operatrice e docente di shiatsu e medicina tradizionale cinese.

Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista Spagyrica

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